Hermann e Sveva
Sentiva un’intima affinità con quell’immagine:
anche la sua luce era molto lontana, eppure c’era.
Era lì… e doveva solo cercare di avvicinarla,
tuttavia quel buio così profondo lo inquietava
e lo faceva rabbrividire
nonostante il tepore nella stanza.
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Sinossi
Un amore sofferto, quello di Hermann per Sveva. Non dovremmo chiamarlo forse meglio un amato dolore?
Hermann Wehsal è un quarantacinquenne tedesco che decide di trascorrere una stagione presso un piccolo paese di pescatori lungo la penisola italiana, insieme alla sua compagna Sveva, incontrata alcuni anni prima a seguito di un incidente sul lavoro. Gli abitanti, però, dimostrano un’evidente ostilità nei confronti dei cortesi tentativi di integrazione del forestiero e l’unica persona con cui Hermann riesce ad avviare un percorso di amicizia è il giovane Ludovico, un appassionato di letteratura, anche lui scarsamente inserito nella collettività locale.
Sveva è una creatura dotata di uno sguardo inquietante, assolutamente disinibita e travolta dalle sue stesse passioni. Sembra essere l’esatto opposto di Hermann, il quale racchiude in sè comportamenti spesso rigidi e controllati, cultore di una severa fede di origine luterana. Quale filo dunque unisce i due in un amore travolgente, quale catena stringe le sue maglie su Hermann trascinandolo inesorabilmente verso Sveva a qualunque costo, contro ogni più umana ragione fino all’ombra di un agghiacciante delitto?
Solo l’anziano professor Schiller, giunto anche lui nel paese alla ricerca di Hermann, sembra conoscere l’antica e drammatica ragione di tale amore avendo custodito per anni – con attenta saggezza – il tormentato percorso dell’uomo. Tuttavia Schiller è ostacolato, dentro e fuori di sè, dall’astioso comportamento di Sveva che si contrappone con innata risolutezza alle intromissioni del professore nella sua vita privata.
Il personaggio di Ludovico diviene così per Hermann l’unico e indispensabile elemento esogeno a cui consegnare le sue più intime confessioni, fino a rappresentare il fatale destinatario per la rivelazione dell’ultima – la più spaventosa – verità. Quell’amore affondava le sue avide radici su un terreno estraneo – una dimensione al di fuori di ogni possibile elemento di umana ragione – coltivato da Hermann con inaudita follia nella sua conflittualità interiore.
Nella tranquilla cornice del paese marinaro, dove ogni giorno è sempre uguale a se stesso e tutti sono uguali al primo, va in scena l’epilogo della terribile tragedia umana di Hermann, inconsapevole vittima del proprio folle disagio.
Scheda di lettura
Riceviamo e volentieri pubblichiamo la scheda di lettura del romanzo da parte dell’editore Orlando Esplorazioni:
La struttura di questo romanzo, come anche la lingua, è solida e ponderata su pochi ma essenziali elementi: prima di tutto l’ordine – che non è banalità – con cui si sviscerano gli elementi.
C’è un incipit e un inizio di racconto molto lineare e chiaro, che rende la voce narrante – coincidente con il protagonista, o comunque con chi vive la storia – un essenziale punto di riferimento; non solo perché racconta, ma perché crea una condizione di fiducia assoluta in chi legge. L’ordine suddetto, l’incedere piano e regolarizzato anche da una lingua pressoché impeccabile, e anche il tono inizialmente “da cronaca” che assume il narratore, crea appunto una credibilità assoluta.
A questo si unisce anche la modalità narrativa, che tratta gli elementi necessari con assetto logico e al tempo stesso evocativo; la dimensione spaziale, poi, il paesino in cui inevitabilmente “accadono cose” molto spesso da capire con l’occhio indagatore, è un microcosmo che trascina sempre la lettura in un vortice di interesse maggiore rispetto ad altre scelte narrative: le abitudini, i piccoli misteri (anche se non svelati, ci si immagina sempre che ci siano), i personaggi che gravitano intorno a una vita che appare semplice, ma che ha regole e norme precise, tutto questo crea un saldo perimetro narrativo entro cui inserire il plot, la fabula.
La scrittura è credibile e intensa nei punti giusti, non lascia adito a perplessità o a spazi di indecisione, tutto è ben calibrato e grazie anche a scelte lessicali che non stancano e non creano aloni di patetismo o banalità. Anche i dialoghi – tallone di Achille di molte prove narrative, perché spesso giustapposti e pressoché inutili – adempiono alla funzione preposta: forniscono dati e informazioni quando serve, e rendendosi accessori nei momenti giusti, senza però risultare vacui.