Miti e tempo ciclico

Riflessioni sul Libro Rosso di Jung

Foto di Lorenzo Scaramella
Ade - Foto di Lorenzo Scaramella

Riporto qui un brano tradotto da un articolo di Anton Armbruster, atipico psicologo di New York, con il quale mi sento di condividere pienamente l’orientamento.

La notizia della prossima pubblicazione del Libro Rosso di Jung ha provocato in me una lunga riflessione dalla quale emergo convinto che la diffusione pubblica dei contenuti di tale documento possa rappresentare ancora un’altra rievocazione dello stupro di Persefone, in un momento in cui dovremmo, forse, distogliere lo sguardo dalle sue pagine in segno di rispetto.

In una versione del mito greco, Ade (Plutone), rapisce la giusta Persefone mentre era nei campi a raccogliere presumibilmente violette. In un inno omerico, tuttavia, il fiore raccolto non era la viola, ma il narciso. In questa rivisitazione della storia, la perdita dell’innocenza di Persefone, mentre camminava da sola in un momento privato tra i narcisi, fu adombrata dalle violente ossessioni di Ade con le sue proprie esigenze e la totale mancanza di pudore, empatia e moralità.

Nell’uomo moderno, attraverso gli strumenti di internet (Facebook, Twitter, ecc.), è apparentemente in crescita l’esigenza profondamente narcisistica di annunciare al mondo l’attività di altri, entrando senza alcuna delicatezza nell’intimo della vita altrui. Le tendenze culturali di trasportare nel pubblico le attività private, compreso l’uso dei telefoni cellulari, l’incremento dei “reality” in televisione, la presenza del cybersex su internet e i bruschi atteggiamenti verso la proprietà intellettuale, sono del tutto simili a una rinnovata e inesorabile necessità di Ade di soddisfare i suoi appettiti, senza riguardo per la dignità di Persefone nè per la lunga e disperata ricerca di Demetra nei confronti della figlia rapita.

Sempre di più, la capacità di ascoltare profondamente soccombe di fronte alla necessità di parlare ad alta voce e di pretendere di essere ascoltati. La fiducia nell’accettare il consiglio di qualcuno è scossa dalle voci insistenti di  presunti esperti. Il quieto tempo della beata solitudine e della contemplazione viene sostituito da voraci appetiti per la stimolazione continua: una generale gestione della nevrosi.

Mentre ogni scritto di Jung solleva l’interesse di un pubblico impaziente e appassionato, in questo caso sono del parere che si tratti della manifestazione di un appetito plutoniano di scavare in quello che Jung intendeva mantenere privato. Potrebbe cioè trattarsi della ripetizione dell’archetipo dello stupro di Persefone? Nella nostra zelante ricerca della conoscenza, non staremo forse perdendo più di ciò che si andrebbe a guadagnare? Non ci sono cose che dovrebbero essere lasciate avvolte nel silenzio del loro incontaminato innocente destino?

Il Libro Rosso contiene, a mio avviso, qualcosa che Jung intendeva mantenere separato dal suo scambio con il pubblico.

E noi dovremmo onorare tale desiderio.

(Anton Armbruster)

20 pensieri riguardo “Riflessioni sul Libro Rosso di Jung

  • Molto interessante e delicata la tua analisi, molti spunti sui quali riflettere. In particolare trovo che l’estremizzazione del desiderio narcicistico e voyeuristico sia la perfetta incarnazione non solo della nevrosi, ma dell’orrore del silenzio, inteso come strumento necessario allo scavo interiore.
    Correre via è prima di tutti da se stessi.

    Grazie per la riflessione.

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  • Riccardo

    Gentile Anton
    Giusta la tua riflessione in merito al dubbio che ti sei posto , ma la domanda è duplice . Quale significato simbolico e pratico vogliamo dare alla decisione dei parenti di Jung di pubblicare il libro volutamente occultato . E sopratutto perchè Jung ha voluto fissare nella memoria cartacea le sue avventure i suoi pensieri le sue visioni ecc. rilegarla …se non per una volontà che un giorno tutti potessero studiarci più che curiosare in modo voyeuristico.
    Credo che sia giusto per i nostri tempi ,oggi maturi e non prima, ad una lettura attenta di una così importante e straordinaria testimonianza.

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  • Una splendida metafora per rappresentare una profanazione, forse? Non posso però non interrogarmi sulle ragioni che hanno spinto i familiari a consentire la pubblicazione di questo testo sacro.Jung diceva che il pensiero si arricchisce nella relazione. Che senso avrebbe avuto allora per lo stesso Jung un lavoro così impegnativo solipsisticamente occultato allo sguardo dell’altro? Piuttosto è importante che la lettura del Libro rosso, possa inaugurare invece un circolo ermeneutico per nuove e soprattutto creative aperture di senso.

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  • Luca Valerio Fabj

    Sono un docente di psicologia analitica presso la Scuola Aiòn di Bologna riconosciuta dal MIUR, e mi occupo di alcuni eventi culturali di essa. Il 26novembre a Bologna presenteremo questo libro, assolutamente al di fuori di case editrici e gruppi vari, proprio per ribadire ciò che viene sostenuto in questo articolo, ovvero, che la volontà di Jung andrebbe rispettata e se Jung ha voluto che questo libro restasse privato tale sarebbe dovuto rimanere.
    Grazie per il bell’articolo, e per una voce fuori dal coro in un mondo di “discepoli” e “studiosi” di psicologia anailtica che, all’opposto di ciò che Jung ha sempre insegnato, non è più capace di rispettare il Sacro e conseguentemente il Segreto.

    Luca Valerio Fabj

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  • Elisabetta Gesmundo

    Mi incuriosisce l’analogia che il prof Armbuster pone con il mito di Persefone, molto lineare nel principio maschile.
    Il “ratto” agli Inferi viene impreziosito se considerato una catabasi che duetta con l’anabasi, non certo fine a se stesso come rompicapo nell’ingenuità della Puella.
    Forse una ciclicità, atmosfera del femminile, comprende le ambivalenze ,anche patendo stridori e strappi, per novelle ricongiunzioni.
    Fuor di metafora, il Liber Novus ha già probabilmente compiuto in e per Jung la sua funzione, dove luce ed ombre si sono intrecciate.
    Il segreto e l’intimità non sono da confondere con le omertà di vario genere, vivono quanto possono e se vengono alla luce…”nulla accade per caso”. Sono patrimoni per l’umanità.
    Grata di esserne parte. Nella Sacralità che ci fa umani.

    Elisabetta Gesmundo

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  • non ho capito…. dottor Fabj….. secondo voi doveva restare segreto e allora ne fate una presentazione pubblica?
    quanto al fatto che il carattere sacro di un pensiero sia collegato al suo restare segreto, mi sembra un’idea che nella migliore delle ipotesi confonde fanciullescamente Jung con Babbo Natale. nell’ipotesi peggiore sacro e segreto sono spesso intrecciati quando qualcuno, con la scusa dell’esoterico, dell’iniziatico, usa il sacro per il suo potere.
    Sono d’accordo con Elisabetta: “nulla accade per caso”. Aggiungerei che ciò che ha carattere di sacro è la profonda connessione che lega ciascuno di noi agli altri ed al mondo. A me, la lettura del libro rosso sta dando molto. E’ una lettura che centellino e sulla quale mi piace riflettere, anche non da solo. Mi spiace per l’autore dell’articolo, Anton Armbruster, ma la sua riflessione pare fredda, risulta saccente , moralistica e prude come un eczema.
    Sarà banale l’esempio ed irriverente il paragone ma semplicemente: io sto scrivendo queste righe. so che quando cliccherò l’invio non sarò più padrone delle parole che ho scritto. Sul Web è solamente più evidente. Ma sulla carta è la stessa cosa. E’solo più facilmente distruggibile.

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  • Il suo paragone purtroppo non regge, caro dott Sergio. Jung infatti non aveva alcuna intenzione di “dare alle pubbliche stampe” il suo Libro Rosso, lo hanno fatto gli eredi! Lei quando scrive sul web lo fa sapendo di rendere pubbliche le sue parole, ma quando Jung scriveva il libro Rosso, lo faceva per un’intima esigenza personale alla quale nessuno dovrebbe avvicinarsi con la morbosa curiosità tipica dei “reality show” del mondo occidentale.
    Mi dispiace per il suo eczema, ma posso consigliarle una buona crema da acquistare in farmacia.

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  • La scrittura è strumento di ricerca in se stessi, non solo opera che si prepara per gli altri… il fatto che Jung abbia scritto e preparato con arte un suo libro segreto non giustifica in alcun modo la rottura del patto.
    La stessa forma in cui è stato dato alle stampe è pessima.
    Grazie a Marzocca per la sua nota rinfrancante che ci fa pensare di non essere i soli snob a deprecare questi continui sciacallaggi.
    Francesca Palazzi Arduini.

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  • Gentile Fabio, Gentile Amministratore, forse la vena malamente ironica con cui ho chiuso il mio precedente post era esagerata e soprattutto ha distolto da quello che volevo dire. Io sto leggendo, lentamente e con fatica il libro rosso. Le cose che leggo mi stimolano, a volte mi fanno arrabbiare, a volte mi sorprendono. E’ una lettura impegnativa che provoca pensiero, riflessione. Questo importa. La discussione sulla liceità della pubblicazione mi sembra un inutile esercizio di stile. Un diario, uno scritto autobiografico, qualsiasi cosa chiunque scriva è destinato, presumibilmente, a sopravvivere all’autore. A meno che chi scrive, o qualcuno, su sua indicazione non decida di distruggerlo. Se resta, non importa se scritto con cura o se vergato sul retro di un biglietto ferroviario o una salvietta in un bar, non appartiene più a chi lo ha scritto. Il fatto di mettere un manoscritto in banca è semplicemente una ingenuità.
    Quanto alla morbosa curiosità da reality show non so che dire. Mi sembra proprio che non c’entri nulla. Magari tanta gente riservasse il tempo che passa davanti ad un televisore, per leggere il libro rosso o anche solo un albo a fumetti. Anche se la curiosità fosse solo superficiale e morbosa come dice Fabio, potrebbe essere che la lettura di un testo, la visione di una figura facciano nascere nuove idee, riflessioni, pensieri, sorrisi.
    Ribadisco. Sono d’accordo con Elisabetta: “nulla accade per caso”. Ciò che ha carattere di sacro è la profonda connessione che lega ciascuno di noi agli altri ed al mondo.
    La scrittura, giustamente scrive l’amministratore del sito, è strumento di ricerca in se stessi. Il fatto, però, che in un secondo momento possa diventare strumento anche per altri non ne sminuisce certo il valore.
    Se il problema invece è il fatto che qualcuno (gli eredi) ci guadagna, sinceramente, bene per loro e pace. Disquisire di questo, si, mi sembrerebbe argomento da reality.
    Non è mio interesse proseguire una polemica. Se la battuta che ho fatto risultava fastidiosa, me ne scuso. Evidentemente l’eczema è contagioso. Il giudizio sull’articolo di Armbruster, però, resta immutato, per quel che può valere. Ultima precisazione: non sono dottore (almeno per ora).

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  • Se Jung ha messo per iscritto il suo pensiero penso che
    inconsciamente volesse che fosse trasmesso.recepito.
    Poteva altrimenti serbarlo NELLA SUA MENTE !

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  • Fabio da Verona
    Il Libro Rosso consente di cogliere meglio il pensiero e l’anima di Jung? Sì o no?
    Se la risposta è affermativa, le altre considerazioni mi sembrano abbastanza superflue.
    Resta ovviamente il rischio che il Libro Rosso sia profanato, come ogni altro “milieu” sacro che si offre all’elevazione dell’uomo.

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    • Gentile dott. Mantovani,

      credo che il tema sia diverso: era nelle intenzioni di Jung rendere pubblico questo suo intimo colloquio? Se la risposta è negativa, allora è una profanazione.

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  • L’unica cosa sacra che può esistere è la fiamma della conoscenza, quell’incredibile curiosità che ci spinge alla conoscenza sempre e comunque. Conoscenza che non può mai venir sodisfatta ma che trova la sua ragione nella continua ricerca. Non riesco ad immaginare una persona come Jung che scrive un qualcosa di molto impegnativo e personale solo per se stesso. La diatriba tra quelli che percepiscono la pubblicazione come uno sgarro o peggio ancora paragonare la cosa al ratto di Core mi sembra almeno improprio. Credo che la pubblicazione del libro sia semplicemente un affare commerciale, averlo pubblicato in ritardo attira la curiosità e forse ora siamo in grado di avere quel distacco neccessario per un’opera di tale portata.

    Bruno

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    • Bruno,

      chi conosce profondamente il pensiero di Jung, invece, sa bene che egli sarebbe perfettamente stato capace di scrivere qualcosa “solo per se stesso“. E questa meravigliosa opera nulla aggiunge al pensiero di Jung che è giunto fino a noi, nemmeno un granello in più.

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  • Sono d’accordo con Sergio… e poi penso che questa meravigliosa opera aggiunga e come… aggiunga al pensiero di Jung. Ogni parola, talvolta anche ridetta, evoca un’emozione, apre al mondo.., Una virgola, un punto …ritrovati, raccolti oggi e non ieri accarezzano il nostro io che si compie ogni attimo e si rinnova. Nicoletta

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  • La pubblicazione del Libro questo è il punto topico.
    Senza togliere nulla alle metafore, precise e potenti, giusto per usare un termine insolito; ritengo che chiedersi “come mai i custodi del Libro abbiano deciso di pubblicarlo”, sia solo una variabile che confonde.
    Trovo corretto chiedersi come mai Carl (ormai che il suo intimo è stato violato, lo si può ricordare come si fa con tutti i più grandi), non abbia mai voluto pubblicarlo e a ragion di questo, perchè lo abbia rilegato e curato tanto.
    Lui stesso definisce la sua come una pulsione artistica, “un torrente di lava.”
    Bhe questa potrebbe essere una buona motivazione del perchè il Libro Rosso fosse stato curato così tanto dal suo autore. Sapeva l’importanza dell’opera, e sotto la spinta di quella vena artistica non poteva non renderle il dovuto rispetto (maniacale). E’ forse azzardato dire che egli si vergognasse della sua opera, nonostante la riconoscesse magnifica? Vergogna forse è il termine sbagliato, a mio avviso il suo era pudore.
    Non dimentichiamo che a suo tempo egli fece leggere il Libro Rosso a chi gli era più intimo.
    L’opera ha sicuramente un impatto fortissimo e come tutte le sue simili non può essere accettata senza discussioni. Basti a pensare a “I Dolori del Giovane Werther”, un esempio di come l’essenza dell’uomo può insinuarsi (mi si passi il paragone) come una serpe, nel seno di una società bisognosa.
    Ebbene io credo, forse arrogantemente, che con tutta l’introspezione che Jung ha fatto su di sè, con la ricerca del sapere che è durata tutta la sua vita, la disponibilità nel fornire i mezzi al prossimo per capire; questo probabilmente è il più grande di quei mezzi, il più grande dei suoi traguardi.
    Probabile, che siamo troppo assetati di sapere, sapere che diventa sintomo di una società nevrotica, necessitaria di distrazioni eccessive.
    Per continuare con una metafora credo che questo libro possa essere sì un vaso di Pandora, ma che in ogni caso ci porterà nel bene o nel male a delle dovute riflessioni, riflessioni che a distanza di quasi un secolo sembrano effetti di un mentalità premonitrice.
    Scusate lo sproloquio

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  • oreste pedrini

    BEATO
    chi vede nella pubblicazione del Libro Rosso il ratto e lo stupro di Proserpina.
    BEATO
    chi apprezza l’analisi e riflette.
    BEATO
    chi giudica e interroga.
    BEATO
    chi si interroga.
    BEATO
    chi è docente certificato.
    BEATA
    la curiosità femmina.
    BEATO
    chi produce eczemi.
    BEATO
    chi li cura.
    BEATO
    lo snobbismo giudicante.
    BEATO
    chi scusandosi ribadisce.
    BEATO
    chi pensa il pensiero di Jung.
    BEATO
    chi ci riporta al tema.
    BEATA
    la fiamma della conoscenza.
    BEATO
    chi conoscendone profondamente il pensiero diviene Jung.
    BEATO
    chi è d’accordo con Sergio.
    BEATO
    il punto topico.
    BEOTA
    chi ha ricevuto in regalo il Libro Rosso e non lo ha ancora letto. Cioè l’ autore di questo commento.

    Rispondi
  • Elisabetta Gesmundo

    Beati i Beoti che avranno davanti sempre tempo per leggere e scoprire….oppure per scrivere in segreto …e lasciare ai posteri, custodito in un caveau del mistero, quanto di oscuramente bello la vita fa incontrare.
    Piano piano…anche i beoti….

    Rispondi
    • Serendipity

      Elisabetta, mi piace il tuo commento. Tu scrivi ? 🙂

      Rispondi
  • Elisabetta Gesmundo

    Sì, amo la scrittura nel suo pudore e nei suoi lampi.
    E credo che se anche per molte persone rimane soffocata…sia un appuntamento al quale è difficile mancare. Grazie “serendipity”.

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